Fiasco di Chianti Classico docg Castelgreve, prodotto dalla cantina Castelli del Grevepesa

Il fiasco di vino toscano. Storia di un simbolo

Forma rotondeggiante, un “vestito” di paglia che rimanda a colpo d’occhio alla tradizione contadina: è il fiasco impagliato, uno dei simboli della Toscana agreste più genuina, di un tempo in cui il vino negli strati sociali meno agiati era alimento quotidiano ma in seguito anche simbolo del nascente vino Chianti.

 

La storia

Quella del fiasco toscano è una storia che affonda le sue radici molto lontano nel tempo, sembra che le prime produzioni si abbiano a partire dal XIV secolo nell’area della Valdelsa, tra Poggibonsi ed Empoli e i paesi limitrofi. Qui, dove l’arte vetraria era ormai celebre da tempo, si iniziarono a produrre questi particolari contenitori soffiando il vetro a bolla.

Ma l’aspetto forse più particolare e tipico, al di là della forma, è il rivestimento del fiasco da vino toscano. Originariamente i fiaschi non erano ricoperti, ma col tempo si intuì che questo avrebbe garantito sia una migliore protezione dagli urti, sia una migliore conservazione, in quanto il contenuto del fiasco sarebbe stato più protetto dai raggi del sole e dagli agenti atmosferici in generale. Per questo rivestimento si utilizzava la “stiancia”, erba palustre molto diffusa negli acquitrini dell’area, facilmente modellabile e di fibra assai resistente.

 

La fortuna

Presto in tutta la Toscana e il Centro Italia il fiasco si diffuse e nei borghi e nelle città nacquero dei laboratori specializzati nell’”impagliare”i fiaschi. La pratica richiedeva una buona manualità, per cui questo lavoro venne principalmente esercitato dalle donne: era nata la figura della fiascaia.

Il fiasco divenne un oggetto talmente diffuso nelle tavole toscane, che i più grandi scrittori e artisti toscani del Medioevo e del Rinascimento ne hanno scritto o lo hanno ritratto nei loro dipinti. Nel parlano Boccaccio, Michelangelo, Leonardo da Vinci, così come il Girlandaio e il Botticelli non hanno mancato di ritrarlo nelle loro opere.

 

Dimensioni

Se la forma del fiasco era approssimativa – ve ne erano di varianti molto diverse – non meno incerta era la capacità del contenitore. Questo fino a quando, nel 1574, nell’ambito delle leggi adottate dal Granduca di Toscana per contrastare le frodi del vino, la misura venne stabilita in 2,280 litri e l’autenticità del vino toscano venne certificata tramite il simbolo del giglio fiorentino apposto.

 

Fiasco di Chianti Classico docg Castelgreve, prodotto dalla cantina Castelli del Grevepesa

Fiasco di Chianti Classico DOCG Castelgreve, Castelli del Grevepesa

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Evoluzione del fiasco fino ad oggi

Nel tempo il fiasco è stato poi migliorato, aumentando lo spessore del vetro e quindi la resistenza, ma soprattutto utilizzando tappi ermetici che hanno consentito la spedizione del vino Chianti ovunque nel mondo.

Negli anni del boom economico la crescente industrializzazione da un lato – attraverso la quale il ruolo della fiascaia scomparve così come la paglia, rimpiazzata dalla plastica – e la diffusione della bottiglia bordolese dall’altro, trasformarono il fiasco in un simbolo del vino di bassa qualità, segnandone il declino.

 

Da alcuni anni alcune aziende del Chianti hanno intrapreso un’azione di recupero del fiasco, riabilitando il valore identitario e storico che aveva un tempo.

Castelli del Grevepesa è fra queste e da alcuni anni ha cominciato a imbottigliare uno dei suoi Chianti Classico DOCG nel fiasco tradizionale con paglia naturale.

Un tributo alla storia del Chianti e della Toscana di cui Castelli del Grevepesa vuole farsi ambasciatrice.



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