Dal punto di vista storico, quello del Chianti Classico è il primo esempio di denominazione ante litteram. Ben prima della nascita delle DOC e delle DOCG, nel lontano 1716, il Granduca Cosimo III de’ Medici decise infatti di delimitare con un bando, per la prima volta nella storia, alcuni territori particolarmente vocati per la produzione di vini di alta qualità, fra cui quello del Chianti, corrispondente oggi al Chianti Classico: “per il Chianti è restato determinato e sia. Dallo Spedaluzzo fino a Greve; di lì a Panzano, con tutta la Podesteria di Radda, che contiene tre terzi, cioè Radda, Gajole e Castellina, arrivando fino al confine dello Stato di Siena”.
La nascita del Consorzio per la difesa e la tutela del Chianti, risale invece al 1924, così come il simbolo, il mitico “gallo nero”, ed è un altro primato in Italia. Il suffisso “Classico” arriva invece nel 1932, per distinguere il territorio del Chianti Classico da quello del Chianti prodotto fuori dai confini storici, mentre nel 1984 ottiene la DOCG. Oggi, dopo oltre tre secoli, il territorio che ha reso grande la viticoltura toscana ed il Sangiovese (che “partecipa” almeno per l’80%), è pronto a ripensarsi.
Il Disciplinare del Chianti Classico DOCG, a proposito dei vitigni ammessi recita:
I “vitigni idonei” sono molti, ma per tradizione le varietà complementari usate tradizionalmente sono, oltre al “re” Sangiovese, gli autoctoni Canaiolo e Colorino e gli internazionali Cabernet Sauvignon e Merlot.
Le tipologie previste per la denominazione Chianti Classico DOCG sono:
Castelli di Grevepesa, i cui vigneti sono concentrati tra i comuni di Greve in Chianti, San Casciano Val di Pesa, Tavarnelle Val di Pesa e Barberino Val d’Elsa, copre una vasta area del territorio chiantigiano, rappresentato nelle tre linee produttive: Castelgreve, Clemente VII e Castello di Bibbione.